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L’arroganza delle verità assolute: quando il confronto diventa una guerra di opinioni

Nel mondo digitale il confronto è diventato troppo spesso una guerra tra monologhi. L’opinione personale si maschera da verità universale, soffocando ogni possibilità di dialogo autentico. Qui rifletto sul valore del dubbio, sull’arroganza intellettuale di chi seleziona solo le fonti che rafforzano il proprio pensiero e su come difendere la propria dignità comunicativa in un web sempre più polarizzato.

C’è un vizio moderno, figlio dei social media e della velocità con cui si reagisce anziché riflettere. È la tendenza a spacciare l’opinione personale per verità assoluta. Un’abitudine ormai interiorizzata da molti, che non si limitano a esprimere un pensiero ma pretendono che quel pensiero venga accettato senza discussione, pena l’accusa di essere ignoranti, disinformati o peggio ancora: con intento disonesto.

Chi la pensa diversamente non è più un interlocutore, ma un nemico. E quel che dovrebbe essere dialogo diventa battaglia di posizioni dove la logica cede il passo al sospetto e la complessità viene messa all’angolo.

Dentro questo clima di tensione digitale, c’è un valore che si è fatto raro: il dubbio. Rivedere il proprio punto di vista, ascoltare l’altro per rafforzare o ridefinire la propria opinione è diventato un atto controcorrente. Eppure, è proprio attraverso il confronto – anche acceso, anche scomodo – che si cresce.

Chi ha paura di riconsiderare le proprie idee non ha davvero fede nella forza del proprio pensiero. E spesso sono i più insicuri a gridare più forte, a denigrare gli altri pur di non sentire che esistono altri punti di vista validi quanto il proprio.

L’arroganza delle fonti selezionate

C’è poi un altro elemento tossico: la selezione delle fonti a uso e consumo della propria tesi. Si leggono, si condividono e si citano solo quelle che rafforzano la convinzione personale, ignorando o screditando le altre senza neppure approfondirle. È un esercizio intellettualmente scorretto che traveste il pregiudizio da razionalità.

E così, il pensiero altrui non viene più criticato con argomenti, ma etichettato come fake news, ridicolizzato, screditato. Non c’è più uno scambio, ma un’esclusione.

Come difendersi? Con lucidità e selezione

Di fronte a questi comportamenti – sempre più frequenti, sempre più aggressivi – non c’è una ricetta miracolosa. Ma c’è una strategia di dignità: ignorare chi cerca solo lo scontro oppure, con pacatezza, ribadire la propria posizione senza cedere alla provocazione.

Bloccare, nascondere, silenziare non è censura: è autodifesa. Difesa del proprio tempo, del proprio benessere mentale, della qualità delle relazioni digitali che vogliamo coltivare. Perché non tutto merita risposta e non tutti meritano confronto.

Con l’epoca attuale che interpreta il dissenso come un attacco, chi rispetta l’altro e accetta la complessità è un atto rivoluzionario. Una rivoluzione gentile dove il dubbio non è debolezza ma segno di intelligenza. Difenderlo è un atto di rispetto verso se stessi e verso la società che, nonostante tutto, può ancora migliorare.

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