Giornalismo e Intelligenza Artificiale, non una minaccia ma strumento di lavoro quotidiano
Nel 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨, quando si parla di 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐀𝐫𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞, non serve solo una formazione “negativa” – cioè su ciò che non si può o non si deve fare – ma soprattutto una formazione “positiva”: come si utilizza, quali opportunità offre, e perché non si riduce soltanto a ChatGPT.
Come ho sottolineato (e non solo io) al Festival del giornalismo enogastronomico, che si è svolto dall’11 al 13 luglio a Vittoria, in provincia di Ragusa, l’AI non rappresenta una minaccia per la professione, bensì un’opportunità da cogliere.
Se impiegata correttamente, può diventare un valido alleato per 𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞 la creatività e 𝐨𝐭𝐭𝐢𝐦𝐢𝐳𝐳𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚, soprattutto nel contesto dei contenuti digitali.
Molti colleghi, però, sono ostili, per partito preso, all’intelligenza artificiale proprio come lo erano quando Facebook cominciava a diffondersi, usato per la diffusione dei contenuti, così performante da cambiare anche l’assetto tecnico di un articolo.
Ciò avviene perché molti giornalisti vedono l’IA generativa (IAG) più come una minaccia che come un’opportunità o uno strumento utile. È importante, tuttavia, fare una premessa: l’intelligenza artificiale, in un futuro più prossimo di quello che si pensa, non eliminerà posti di lavoro tout court ma garantirà quelli che la sapranno usare come si deve.
Infatti, l’IAG è uno strumento che, se impiegato correttamente, come accennato poco su, può dare una grande mano al giornalista che ha bisogno di approfondimenti veloci per i suoi pezzi, senza dovere cercare più link su Google e con comandi (prompt) che portano al risultato desiderato. Insomma, l’intelligenza artificiale è anche un motore di ricerca avanzato, l’upgrade di quelli tradizionali. A tal proposito consiglio di usare Perplexity.
Quindi, l’IAG non sostituisce il giornalista che va a caccia della notizia, scova le fonti e le verifica ma un tool che gli consente di velocizzare alcuni passaggi durante la stesura di un pezzo, soprattutto di quelli di ‘servizio’, o meglio da ‘deskista’, cioè il lavoro ‘da scrivania’ che consiste nel caricare articoli per arricchire l’informazione di una testata (ovviamente, selezionando le notizie, curandone l’editing e la titolazione).
Esempio: se stiamo scrivendo una notizia sulla guerra in Ucraina con un determinato tipo di ordigno o di macchina bellica, possiamo interrogare l’intelligenza artificiale così da aggiungere un paragrafo di approfondimento. Oppure, se dobbiamo raccontare la morte di un personaggio pubblico rilevante a causa di una malattia, possiamo dare qualche informazione in più sulla patologia, con un risparmio di tempo notevole.
D’accordo: qui entra in gioco anche l’elemento della fiducia nei confronti dei risultati ottenuti dalle interrogazioni delle IAG. Da un lato, però, si può verificare il contenuto nei modi tradizionali qualora non possiamo farlo in modo autonomo tramite le nostre conoscenze acquisite. Dall’altro, più passano i giorni, più le varie piattaforme diventano precise e soprattutto affidabili, con tanto di fonti allegate.

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